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Verso Villagrande

La strada a tornanti sale verso l’altopiano di Villagrande Strailisi, vedo la città attorniata dalle montagne del Gennargentu, sono diretta proprio lì.

Il cielo sopra Villagrande sembra tagliato in due dalla scia di un aereo, mi fermo appena trovo uno spiazzo per fotografarlo, poi girandomi per rientrare in auto mi trovo davanti a un cartello di legno con la scritta ”Cascata Sothai”.

Mi piace pensare che ci sia un senso in tutto quello che succede e se mi sono fermata proprio qui, senza dubbio, è per seguire quell’indicazione.

La strada sterrata conduce a un'altra freccia che indica una discesa. E’ già pomeriggio inoltrato, darò solo un’occhiata al posto.

Attraverso un cancelletto di legno inizia la discesa in mezzo a un bosco di lecci, il sentiero è facile e mi perdo dietro alle meraviglie di alberi, pietre e muschi.

Visito minuscoli giardini botanici che prosperano sulla pietre, spio tane e nascondigli di animaletti di cui si vedono tracce sul terreno, sorrido davanti agli abbracci tra alberi e rocce.

Il sentiero comincia a farsi sempre più scosceso e i gradoni su cui passare sempre più alti. Guardo l’orologio, c’è solo un’ora prima del tramonto, la curiosità di vedere la cascata mi fa proseguire. Arrivo al belvedere dominano dal granito rosso delle montagne, in basso nella valle, una diga. Questo territorio è ancora così selvaggio.

Consulto internet per capire dove sono, leggo che non si arriva più alle cascate di Sothai perché il sentiero è ostruito ed è anche probabile che in questa stagione non ci siano per mancanza d'acqua. Eppure quella che vedo laggiù è la diga di Santa Lucia, rifletto sul da farsi, è tardi, avrò già camminato un‘ora e mi ci vorrà lo stesso tempo per tornare, anzi di più perché è in salita, decido di proseguire comunque, saltellando sui sassi per arrivare più velocemente.

Supero una piccola sorgente, la discesa diventa sempre più ripida e non sento rumore d’acqua, forse è ancora lontana oppure prosciugata per la siccità.

Eppure i muschi sulle rocce sono sempre più verdeggianti, infatti da lontano comincia ad arrivare un suono d'acqua. Ancora parecchia discesa, poi finalmente intravedo qualcosa dietro agli alberi, aggiro dei grossi massi ed eccomi alla pozza d’acqua gorgogliante dove le cascatelle che cadono da un’imponente parete rocciosa bastano ad emozionarmi.

Mi siedo accanto all’acqua e rimango per un po’ immobile ad ascoltarne il suono, a sentire l’energia fresca del luogo e a guardare i colori variegati della grande parete rocciosa alta almeno trenta metri.

La luce sta calando sui muschi verde smeraldo, conserverò l'immagine di questo luogo impressa nella memoria, ma ora devo risalire.

All’inizio procedo baldanzosa, poi sempre più consapevole di aver sottovalutato la pendenza della risalita e il tempo per percorrerla, una domanda mi echeggia nella testa: “Ce la farò ad arrivare prima che faccia buio o mi ritroverò di notte nel bosco?” I gradoni da scalare sono davvero impegnativi.

Decido di trasformare la domanda in un’affermazione perentoria: “Ce la farò.”

La sorgente si rivela preziosa per dissetarmi, ma sono ancora lontana. Guardo l’orologio, accelero. L’ultimo pezzo è ovviamente il più duro, sto ansimando ma non mi fermo fino a quando ritrovo il belvedere. E' ormai buio. Riprendo fiato e più su ancora fino al cancello di legno. Sono grondante, alzo gli occhi al cielo dove la luce del tramonto disegna un arco, sono arrivata.

Mentre riprendo la strada del ritorno, il rosso invade il cielo sopra Villagrande, le montagne sono solo sagome bluastre. Tornerò a conoscerti da vicino Villagrande.


Continua..


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