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Sentori di primavera

Ritorno a Orosei dopo molti anni, con il ricordo ancora vivo di un suono, quello del canto polivocale “a concordu”, della tradizione dei cantori della bassa Baronia, di cui questa città è il cuore.

E’ difficile spiegare le ragioni del fascino di questi canti religiosi e profani; credo che sollecitino qualcosa nascosto nella parte arcaica e universale di ognuno di noi. Qualcosa che ha a che fare con il bisogno di elevazione, di spiritualità, che nel canto corale sono esaltate dalla piena armonia di voci e identità diverse.


Esco sulla terrazza della casa che mi accoglie, davanti a me l’imponente chiesa di Sas Animas, che dal 700 dà il nome anche alla confraternita delle Anime. Le Confraternite sono comunità religiose in cui vengono rappresentati tutti i ceti sociali, che esercitano opere di carità; recitano preghiere e partecipano alle processioni.

Scendo in piazza, passo davanti all’oratorio di Sas Animas, la porta è aperta, un gruppo di bambini e bambine intorno a un tavolo recitano insieme l’Ave Maria.

Mi inoltro nei vicoli del centro storico immerso nel silenzio, dove dal Medio Evo in poi si è svolta la vita questa città. Un severo castello medioevale, Sa Preione Vezza, apre il percorso a tesori barocchi, a un museo delle marionette e a giardini interni rigogliosi di alberi da frutta.



La luce oggi è incredibilmente tersa e chiama alla natura.

Sulla strada verso il mare, percorro lentamente il ponte stretto sul Cedrino, la macchia delle sue rive brilla di colori.

Attraverso una campagna che riluce di verde nuovo e fiori appena sbocciati. Sentori di primavera che sorprendono in questa fine di gennaio, ma siamo in Sardegna dove tutto è possibile.


La dimensione agreste infonde serenità: le immagini di questa campagna sono un silenzioso inno alla Terra.

Mi fermo a guardare piccoli frutteti e uliveti immersi nel giallo vivace del trifoglio. In un minuscolo appezzamento stanno bruciando delle frasche, due buoi ruminano tranquilli.

Una voce dietro di me grida qualcosa, mi giro,

un uomo dal finestrino di un camion mi invita ad entrare.

E’ Giorgio, il proprietario del posto e custode dei buoi; mi racconta che vivevano sulle montagne,

ma ora sono qui perché a maggio, traineranno il carro adorno di fiori alla festa di san Isidoro. protettore degli agricoltori. Mentre chiacchieriamo, l’operaio continua il suo lavoro intorno al fuoco, viene dal Marocco, sono in molti come lui a lavorare in queste campagne. Il bue gira la testa e mi lancia uno sguardo molto attento. E' bellissimo.

Ci guardiamo a lungo, penso a quei bei versi di Tagore: “..all’improvviso l’oscura memoria si desta in una musica senza parole, e la bestia guarda in viso l’uomo con una tenera fiducia e l’uomo la guarda negli occhi con divertito affetto. Sembra quasi che i due amici s’incontrino mascherati e attraverso il travestimento vagamente si riconoscano.”


Riprendo il viaggio, un cartello indica una strada sterrata e una chiesa, Santa Maria ‘e Mare.

Accanto alla chiesetta un gruppo di uomini sta potando una palma, proseguo verso lo specchio d’acqua antistante e man mano che mi inoltro nel paesaggio, capisco dove mi trovo; quest’area paludosa, separata dal mare dal litorale sabbioso della Marina di Orosei, è la foce del fiume Cedrino.

Il fiume meraviglioso, che ho ammirato anche a Dorgali, arriva qui dal massiccio del Gennargentu.

I pensieri si diradano fino a scomparire del tutto, c’è spazio solo per la bellezza che si dispiega tutto intorno.

Il sole si sta abbassando velocemente, riprendo la strada, mi perdo e mi ritrovo su un ponticello, a destra il mare, a sinistra l’immancabile palude.

Guardo sulla mappa, deve essere la spiaggia di Foghe Pizzinna. Chiudo la giornata in bellezza, camminando tra le canne dorate che bordano la spiaggia. Questa volta non sono sola, qualcuno mi ha preceduta e, come me, sta fissando il mare.

Mentre torno verso casa appagata e felice, arriva un messaggio:

> Insomma sei rimasta in Sardegna <

Vorrei rispondere con la voce di De André:

> Non sei tu, è la terra che ti sceglie <


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