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In fuga dall'afa più ardente dell'estate, lascio il mare di Costa Rey per salire sulle montagne dell'Ogliastra. Mentre guido sulla strada a tornanti, spiccano nel fondo valle le macchie rosse e gialle dei vigneti dove si produce il vino simbolo della Sardegna, il Cannonau.

All'orizzonte gonfio di nuvole, incombono da altezze vertiginose i massicci rocciosi che chiamano ''tacchi'', è lassù che sono diretta.

A Jertzu approdo nella casetta di Valentina, non mi sembra vero di poter restare sdraiata al fresco, con le finestre spalancate, a guardare le cime degli alberi mosse da una brezza leggera: finalmente respiro. Poi, scendo nel minuscolo giardino circondato dalla vegetazione e allungata sul divanetto sorseggio del te, pensando che venire quassù è stata un'idea formidabile.

Di notte cammino nella piccola città, mi piace attraversare le strade vuote e silenziose dove solo il soffio della brezza notturna e il chiarore della luna piena accompagnano i miei passi. ".....Potessero le mie mani sfogliare la luna!"

Oggi sono pronta alla ricognizione di questo territorio sconosciuto. Imbocco una salita e dopo qualche tornante arrivo proprio davanti al museo dedicato a un'artista che mi ha sempre affascinato: Maria Lai.

Al centro di un anfiteatro naturale, una vecchia stazione ferroviaria ristrutturata ospita il museo, una scelta perfetta per un'artista che voleva avvicinare l'arte alla gente.

Ecco i suoi telai e i pani a cui più tardi si aggiungono i libri cuciti e le geometrie-geografie di stoffe, la sua poetica del cucito mi commuove. Come il filo, l'arte unisce, tesse storie possibili, legami che ci permettono di riconnetterci gli uni con gli altri e con ogni forma di vita, con il respiro del mondo.

Maria narrava: "Adamo ha perso il paradiso terrestre perché non era mai stato bambino, non aveva giocato abbastanza. Io sono una bambina che gioca, Ogni bambino inventa di essere un altro perché la vita non gli basta e allora nascono le storie."

Ora, immobile davanti a un monitor, la sento raccontare la "Storia di un Dio distratto", ascolto con devozione la dolcezza della sua voce e l'incanto della storia, trattengo quasi il fiato e non mi faccio scrupoli a zittire i visitatori che parlano e disturbano l'ascolto.

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Quando esco sono carica del messaggio di Maria, «L’arte è come una pozzanghera che riflette il cielo, può passare inosservata, può essere calpestata, ma l’immagine del cielo si ricompone sempre». Rimango in auto per un po', a ripensare alla poetica di Maria Lai; il mio animo d'artista è aperto più che mai alla bellezza del mondo e non vedo l'ora di arrivare nin quel borgo. che vedo arroccato ai piedi degli imponenti tacchi, sotto un'enorme nuvola incombente.

Davvero un amore a prima vista quello per Ulassai; in questa storica regione a quasi 800 metri di altitudine, l'aria è frizzante e il panorama impressionante.

Piena di entusiasmo, continuo a salire sempre più su, fino a un piazzale da dove la vista spazia lontano, il Belvedere.

Mi sento in cima a un mondo di antichi totem, una storia geologica che ha avuto origine oltre 570 milioni di anni fa. Spostamenti e collisioni di continenti per milioni di secoli assemblarono quella piccola area che diventerà la Sardegna. Il magma incandescente si raffreddò lentamente e si formarono i graniti: ora, la storia affascinante di queste rocce è davanti ai miei occhi, carica di emozioni.


Mi accorgo che in un angolo del piazzale inizia un sentiero che si inoltra nel bosco. Una freccia indica il percorso, cammino senza più pensare, annuso l'aria satura di profumi, soprattutto l'odore del muschio umido che ricopre le pietre ed entra nelle narici lasciando un gusto amaro.

Passo dopo passo la mente si libera dai pensieri e si fa più chiara la percezione di essere tra amici, che possono sentire le mie emozioni e parteciparvi. Gli alberi intorno a me sono una folla indaffarata nella loro inarrestabile attività tra cielo e terra e tra di loro, se chiudo gli occhi mi sembra quasi di sentir scorrere sotto i miei piedi lo scambio di nutrienti e carbonio che avviene tra le radici di tutto il bosco. Mi siedo su una roccia, li guardo uno ad uno e li ringrazio di produrre l'ossigeno che serve a noi, inconsapevoli, ingrati Umani, per vivere.

Sono decisa a non ripartire subito come era previsto e anche se non avrò abbastanza tempo per fare i trekking di cui mi hanno parlato con entusiasmo una coppia di ragazzi tedeschi incontrati al bar, voglio comunque cercare un rifugio qui e scoprire di più di questo borgo. Lo trovo in una bella camera con grandi finestre, nell'unico albergo di U lassai, il Su Marmuri.


Oggi, come sempre, salgo in auto e mi avvio verso non-so-dove, un cancello dipinto d'azzurro con tre lettere appare dopo qualche chilometro, é la chiesetta campestre di Santa Barbara.

Luoghi come questo, appartengono alla gente. nelle chiese campestri la popolazione riconosce le sue origini, le sue tradizioni e le porta avanti nel tempo. Come tutti i Novenari, la chiesetta rimane sospesa tutto l'anno in questo mistico silenzio fino alla festa della Santa quando si anima di fedeli. Sono i portici di epoca romana, di cui poi mi diranno il nome sardo, Is loggettas, con tetti di tegole, che durante la festa di Santa Barbara in maggio, ospitano i pellegrini e i suonatori di launeddas che partecipano alla processione.

Risalgo sul piazzale dove sono arrivata, all'orizzonte un territorio aspro e selvaggio, davanti a me molti alberi, tra cui uno che spicca al centro per dimensioni e bellezza.

Quando arrivo nella sua ombra e alzo lo sguardo, la forma dei suoi rami possenti e del tronco esprime una dinamicità sorprendente, decido di chiamarlo l'albero danzante.

Non credo che saranno in molti a vedere l'albero danzare, ci vuole uno sguardo attento e un animo innocente per scorgere il mistero e la magia degli alberi.


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Lungo la strada del ritorno, all'interno di una proprietà recintata, scorgo una quercia gigantesca, affiancata da una grande vasca piena d'acqua gorgogliante, si direbbe acqua di sorgente. Mi avvicino al cancello, è aperto, una signora che passa lungo la strada in quel momento capisce i miei tentennamenti e mi sollecita ad entrare:" Vada, é aperto".

Non mi piace entrare nelle proprietà altrui, decido di non farlo ma avrei voluto tanto vederla da vicino.

Ci riesco proprio l'ultimo giorno; mentre sto partendo, il proprietario dell'albergo, Tonino, mi aiuta con i bagagli e mi chiede com'è stato il tempo passato a Ulassai, rispondo che è stato molto felice ma rimane una cosa che avrei voluto fare, vedere da vicino una grande quercia che si trova in una proprietà privata. Il caso vuole che Tonino sia oltre che una persona gentile, anche un appassionato di alberi, ha capito di quale proprietà si tratti e si offre di accompagnarmi. E' una gioia immensa, che solo gli amici degli alberi possono comprendere, trovarmi davanti a questo gigante che vive in simbiosi con una grande pietra, chissà quando è iniziata la loro storia.

Questo luogo fa sentire protetti e il grande tavolo di pietra nella vasta ombra dell'albero suggerisce che qui, al suono dell'acqua sorgiva, si riuniscano dei fortunati commensali.

Anche Tonino sembra colpito dalla quercia, la osserviamo in silenzio, poi decide di accompagnarmi a vedere anche dei lecci centenari.

Arriviamo agli alberi attraverso una vegetazione fitta ed eccoli qua i patriarchi, uno di loro sembra essere l'autorità del luogo.


Ogni volta che mi trovo davanti a un Patriarca, penso che alberi come questo che per secoli hanno imprigionato l’anidride carbonica nel loro legno, trasformandola in ossigeno, sono la miglior risposta di adattamento all’ambiente e al clima che cambia velocemente.

Salvare i patriarchi dall’estinzione, conservarne i semi e riprodurli è fondamentale perchè nel loro dna ci sono i geni di tale resistenza e questi vengono trasmessi in parte ai successori. Insomma il popolo dei patriarchi è l'armatura della terra, un alleato prezioso, un archivio botanico e una riserva di biodiversità che va protetto, curato, sostenuto.

E poi ci sono le emozioni, che questi patriarchi trasmettono, come quelle che sto provando in questo momento, per la bellezza che esprime e per la sua speciale energia che arriva come sempre, nella parte più irrazionale e istintiva di me.


Continua..


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"Un passo dopo l'altro fino a svuotare la mente. Gli echi ansiogeni della civiltà si dissolvono nell'energia guaritrice della natura; ora respiro, sento la vita scorrere dentro e intorno a me."









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