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La luce di Cabras premia il desiderio

Appena alzata, mi affaccio su piazza Stagno; niente di più metafisico dello spazio vuoto davanti alla mia finestra, dove in giornate come questa, nuvole gonfie di vento sembrano minacciare la terra.

La immagino affollata di pescatori che stendono le reti, donne a piedi nudi con il capo coperto da un fazzoletto e ceste pieni di pesci sulle spalle.

Una volta questa piazza era il centro della vita di Cabras, ora invece, lo stagno lambisce le rive deserte e vibra nelle mille canne palustri scosse dal maestrale.

Oggi anche gabbiani e rondini hanno disertato. Mi piace essere qui, dove il passato è una visione sospesa sulla piazza e la natura unica protagonista.

Cabras è il cuore primigenio dell'universo oristanese, da dove partire alla scoperta dei suoi tesori: Tharros, l'ipogeo di San Salvatore, la piccola chiesa paleocristiana di San Giovanni di Sinis e molto altro ancora.

Ora però, è questo vento che attrae lo sguardo e tutti i miei sensi. E' così forte che riesco a stento a catturarne il suono con il mio telefonino.

Imbocco un sentiero che gira intorno alla laguna e porta chissà dove.


La luce di Cabras premia il mio desiderio di avventura; il cielo si è oscurato, le canne palustri illuminate da una luce, che si direbbe soprannaturale, fluttuano verso nuvole immense che si muovono veloci sull'acqua.

Plano nel vento come i gabbiani, senza muovere le ali, ogni stelo respira.

Ti penso Lupo di Mare, chiedendomi da quale nuvola tu mi stia guardando. Mi siedo al tavolino di un bar, scrivo su un taccuino prestato dalla cameriera, sorseggio una birra.

La vita e la morte sembrano così semplici sotto questo cielo.

Proseguo verso la penisola del Sinis e rimango immobile a contemplare la minuscola chiesa di san Giovanni di Sinis. C'è un magnetismo che attira lo sguardo e non solo.

Dentro, il misticismo è così potente che viene spontaneo raccogliersi in preghiera.

Seduta su una panca, il viso tra le mani, mi attraversano sensazioni contraddittorie, da una parte la spiritualità del luogo, dall’altra qualcosa di oscuro che sembra agitarsi sotto i miei piedi.

Più tardi mi diranno che questo luogo è sempre stato, sin dall’epoca fenicia, un cimitero.

Mi avvio lungo il sentiero che porta alla punta estrema della penisola del Sinis. Sembra una pista per decollare verso l'infinito, i bordi fioriti e sabbiosi del Sinis però mi ancorano alla terra e a tanta bellezza.

A sinistra la vista di Tarros, a destra le baie punteggiate di scogli, dovrebbero chiamare questo percorso: "Il sentiero delle meraviglie".

Penso anche a te, Markuz, poeta e divoratore di libri; ridacchio tra me e me, immaginando che un giorno mangerai per davvero un intero volume, strappando una pagina alla volta e leggendone qualche riga prima di masticare il boccone di carta, per renderlo ancora più gustoso.

Mentre il sole scende all'orizzonte fiorito del Sinis, ritorno nella deliziosa casa di Giorgia che mi ospita. Il gran finale della giornata è un tramonto spettacolare.

La notte poi, le nuvole risplendono della luce di una grande luna piena, appesa sopra l'oscurità della laguna. E' la seconda luna più grande di quest'anno, la prossima sarà in aprile.

Il corpo vibra, sento odore di luna. Nel suono placato del vento, tutto parla di ripartire.

Ieri un messaggio diceva: “Sei già in un paradiso, perchè riparti, dove vuoi andare?”

Rispondo che l’ignoto è il paradiso, il nuovo, il diverso, lo sconosciuto. Quando senti di possedere la bellezza e di tenerla stretta in pugno, è allora che perde ogni giorno consistenza.

Ma è solo un arrivederci, Cabras. Tornerò presto!


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