Il giardino dei giganti
Sulla strada per Cagliari, la passione per gli alberi mi conduce a S’Ortu Mannu, a Villamassargia, dodici ettari di ulivi secolari e plurisecolari, dove convivono centinaia di patriarchi, tra cui uno millenario, Sa Reina, la Regina.
Prima ancora di arrivare al recinto che racchiude l'albero più prezioso del parco, al di là di un cancelletto di legno, si rivela la visione di un uliveto immenso, immerso nello scenario di un prato morbido e un cielo luminoso.

Emoziona essere qui, nel territorio di una storia antica, dove questi alberi hanno visto susseguirsi nel tempo, il passaggio di tanti come me. Quando io non ci sarò più, loro, silenziosi e saggi, assisteranno ancora, per centinaia di anni, alle vicende umane.
Oltrepassato il cancelletto, sono circondata da ulivi dai grandi tronchi contorti e chiome folte; giro intorno ad ognuno per scoprirne tutte le facce e sentire l’energia che emanano.
Qualcuno sorride ancora quando si parla dell’energia degli alberi, eppure anche la scienza ha scoperto che camminare in mezzo agli alberi, o meglio ancora toccarli, abbracciarli, fa molto bene al corpo e alla mente; rallenta il battito cardiaco, aumenta le difese immunitarie e diminuisce l’aggressività.

C'è anche l'incredibile scoperta di due scienziati, uno ungherese e l'altro danese, che attraverso dei sensori laser, hanno individuato che gli alberi hanno una sorta di battito al loro interno, che ricorda quello di un battito cardiaco. Un impulso che pompa e distribuisce l’acqua, proprio come un cuore pompa il sangue.

Mi dirigo verso uno degli ulivi più imponenti, la chioma ragguardevole copre buona parte del tronco. Ne misuro a occhio la circonferenza, non è meno di otto, dieci metri; non smetto di guardarlo, toccarlo e fotografarlo. E' così grande che potrebbe essere una casetta con un enorme tetto di foglie.

Mi piace pensare che queste fotografie siano una documentazione preziosa, perchè poi mi hanno detto, che l'accesso in questa parte dell'uliveto è proibito, eppure qualcuno aveva lasciato aperto il cancelletto. Ancora una volta l' istinto del viaggiatore?
Penso proprio di sì, sono arrivata al momento giusto.


Davide, un' amico di Cagliari appassionato di alberi come me, mi ha detto che l'origine di questo parco risale al medioevo, quando i monaci benedettini impiantarono ii primi ulivi.

Sembra che nella stessa epoca, i Pisani, sollecitati da Papa Benedetto VIII a cacciare i mussulmani dalla Sardegna, esortarono la popolazione locale a innestare gli olivastri, concedendoglieli una volta piantati.



Molti di questi alberi erano fino a poco tempo fa di proprietà dei cittadini. In seguito, il Comune di Villamassargia, ha dato ogni ulivo in affidamento per 99 anni al rispettivo proprietario di origine.


Quindi quasi ogni famiglia custodisce un esemplare dell’oasi e alcune lettere sui tronchi indicano le iniziali del capofamiglia. Io però non le ho trovate.

Ogni forma, un'esperienza di vita. Ripenso a un lavoro fotografico, realizzato anni fa, il cui concept dà il titolo alla collezione di immagini "Shape Experience", dove la forma dei fiori e degli alberi fotografati rappresenta il loro percorso nel tempo, evoluzioni e metamorfosi.
Anche la forma dell' albero davanti a me, è stata plasmata dagli avvenimenti genetici, biologici, metereologici, umani, e molto altro ancora, della sua vita individuale e della sua specie.
La forma, appunto, di un'esperienza.

Continuo il mio pellegrinaggio. Vivo gli uliveti come cattedrali naturali, dove il tempo perde il suo significato, pervaso dal sacro di queste presenze solenni.


Riprendo fiato, mi siedo accanto al più grande dei patriarchi, il gigante buono.
Con cautela, per non danneggiarlo in alcun modo, appoggio la schiena al tronco e chiudo gli occhi. Sono completamente serena, qui mi sento al sicuro.
.


Esco dall'uliveto delle meraviglie e torno sulla strada che porta all'entrata dell'oasi.
Da lontano emerge subito Sa Reina, la Regina è circondata da un recinto protettivo.

Al centro di un prato fiorito di margheritine, sovrastato da nuvole immobili in questa assenza di vento, colpisce per le dimensioni del suo tronco, una circonferenza di sedici metri.



Mentre mi allontano, mi giro per un'ultimo sguardo, da questo lato la sovrana di S'Ortu Mannu sembra un drago che si affacci tra la chioma di rami, ma bisogna avere occhi attenti per scoprirlo.

Un attimo dopo però, sa Reina è già nascosta da un velo di rami.

Ripenso a quello che mi ha detto Claudio Lallai, quando mi consegnò la meravigliosa maschera del Fauno Guerriero > Non mi considero uno scultore, sono solo un artigiano che svela quello che c'è già nell'albero, il suo spirito <
Quel fauno guerriero, che ha avuto un ruolo significativo nella mia vita, era stato scolpito proprio nel legno di un albero di ulivo abbattuto dal vento.
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