Arrivano i mostri
Il mio primo Carrasegare, il Carnevale sardo. Mi hanno spiegato che nella parola Carrasegare, il termine carre significa carne umana, diversa da petza che è la carne degli animali, si riferisce a un antico rito dionisiaco, dove la carne viva di capretti e vitelli veniva dilaniata per rendere omaggio a Dionisio bambino, sbranato dai Titani.
Risalgo la strada ripida verso il centro di Macomer e mi trovo davanti alla vestizione del gruppo dei Sos Ainusu Orriadore, figure demoniache che hanno origine nel paese di Scano di Montiferro. La loro maschera è fatta con l'osso del bacino di un asino e il costume, la zimarra, detta anche mastrucca, è una giacca lunga, senza maniche, di pelle di ariete.
Man mano che la vestizione procede, gli scherzi e le risate dei ragazzi che si stanno preparando, lasciano il posto alla sensazione che si stia compiendo un rito, in cui gli stessi protagonisti sono molto coinvolti. La voce decisa, di quello che è indubbiamente il capo del gruppo, sollecita tutti ad avere ben presente il ruolo che stanno per rappresentare.
Sono arrivata per prima in questo animato backstage, ma ora si accalcano molti fotografi, decido di cercare un altro posto dove aspettare il loro passaggio.
Mi apposto davanti a una scritta sul muro, che ben rappresenta le paure di questo momento storico. Accanto a me, due ragazzi, lei è messicana, lui, canadese, mi racconta del suo lavoro per il team di Luna Rossa. Sono eccitati come me al loro primo Karrasegare, ci scambiamo informazioni fino al frastuono di catene e campanacci che preannuncia il passaggio dei demoni.
I Sos Ainusu Orriadore, secondo la leggenda, sono presenze demoniache e si aggirano muniti di bastone, per trovare un'anima di cui impossessarsi o per preannunciare la morte di qualcuno. Il Karrasegare ha molti volti, ma significa soprattutto oscurità e terrore: si mettono in scena le nostre paure.
Ed è davvero impressionante questo gruppo compatto che avanza tra lamenti e sferraglio di catene. Quando uno di loro mi fissa e salta verso di me, non posso trattenere un grido.
Una dopo l'altra, sfilano le maschere arrivate da tutta la Sardegna.
Ecco Sos Corrajos, maschere di Guilcer, vestiti con pelli bovine e caprine. Corrono qua e là, in un'euforia incontrollata, che sfocia in piccole aggressioni verso chi assiste alla sfilata.
Ora è la volta di Ottana con i suoi Boes, che rappresentano i buoi; saltellano con un gran frastuono di campanacci, guidati dai Merdules che non esitano a usare la frusta su di loro.
Ecco procedere i personaggi del Harrasehare Lodinesu, piccolo corteo formato da un fantoccio con le sembianze di un personaggio da schernire, attorniato da uomini travestiti da vedove, con gli abiti tradizionali e il viso dipinto di nero, che inscenano una sorta di funerale. Appesa al collo, una maschera che rappresenta un politico o un personaggio del luogo, che, durante l'anno, si è messo in evidenza con connotazioni negative.
Dall' Ogliastra, il gruppo dei S'urtzu ballabeni, con una una maschera drammatica che rappresenta la natura selvaggia. Sono tenuti a freno da is omadoris, figura benigna, che li tiene in catene e con le percosse li obbliga, prima, a seguire un ritmo regolare scandito dai campanacci che indossano, poi li uccide. Il nome Urtzu ballabeni e' l’incitamento
> Urtzu, balla bene! < con cui si ordina alla natura di danzare secondo i bisogni della comunità.
Alla fine, le forze avverse della natura si arrendono a is omadoris e depongono la maschera.
Con uno sferragliare di catene e urla, irrompono Sos Traigolzos di Sindia,
Il Karrasegare di Macomer prosegue con la partecipazione di una gran folla proveniente da ogni parte della Sardegna; molti per sostenere le loro maschere, come mi dice una donna che ha portato anche i suoi due bambini. Mi ero accorta che al passaggio dei "mostri", il più piccolo si nascondeva dietro la gonna della mamma.
Alla sfilata segue una socialità intensa, comprensibile dopo tante emozioni.
Mentre mi allontano dalla folla, vedo la testa di una ragazzina che spia dietro l'angolo di un muro, quando le passo accanto le chiedo > Non vai a vedere le maschere? < mi risponde > No. Ho troppa paura. <
Mi allontano dal clamore, riflettendo su quello che ho appena vissuto. Le maschere del Karrasegare vanno ben oltre il folklore sardo, sono apparizioni che dalle tenebre della storia arcaica e pagana, ci pervadono del senso primordiale e potente della vita.
Cambiano da paese a paese, ma quasi tutte rimandano a culti antichi, forse anche violenti, della fecondazione della terra. Nell'oscurità che trasmettono, è forte la percezione di un legame con il sacrificio dionisiaco.
Esco impressionata da questa immersione di suoni e visioni arcaiche, la Sardegna non smette mai di stupirmi.
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estremamente interessante . Rinascono le vecchie usanze di un popolo primitivo. Sandro e Mariuccia ne sono rimasti affascinati!-