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Primo incontro con Arzana

La strada sale verso Arzana in mezzo a una vegetazione compatta che invade la roccia rossa delle cime, qua e là occhieggia il verde tenero della primavera appena nata e all’orizzonte nel blu terso del cielo, la vedetta del monte Siddu.

L’aria è frizzante come il mio umore, sono di nuovo in viaggio.

La mia meta oggi è un tratto di foresta antica, il bosco di Tedderieddu, dove vivono indisturbati cinghiali, mufloni e cervi e dove soprattutto resistono al tempo enormi esemplari centenari di rarissimi Taxus Bacata, si dice tra i più antichi d’Europa.

L’itinerario è ancora un’incognita, nessuno ha saputo darmi informazioni su come arrivarci e per Google map è una destinazione sconosciuta.

Arzana/Arthana dice il cartello all’entrata del paese, il cui nome antico significa brezza, appare come un solitario borgo di montagna, circondato da boschi di lecci e sugheri, sono su una montagna a 700 metri di altitudine e dal finestrino vedo la bella distesa della costa e del mare.

In paese non c’è nessuno in giro, fermo un’auto che passa, l’uomo alla guida è molto gentile, quasi paterno. Mi spiega che il bosco è lontano e difficile da raggiungere, sembra perplesso, come spesso succede, che ci vada da sola. Inizia a illustrarmi un tragitto complicato, di ponti, passaggi a livello, bivi, salite, discese, strade sterrate e altro ancora. Non mi scoraggio affatto e prendo appunti, la prima tappa è una sorgente, che si trova accanto a un bosco che chiamano il Carmelo.



Se ci passate prendetene una bottiglia, l’acqua della sorgente che sgorga dalla fontana di pietra è buonissima.

Riesco a trovare il piccolo ponte romano sulla strada per Nuoro, lo attraverso, è molto stretto e alla fine c’è un’auto in attesa di passare, mi affaccio al finestrino e ottengo nuove informazioni, che mi vengono date con la stessa infinita gentilezza che sembra accomunare le persone di qui.

Finalmente la pietra che funge da cartello stradale, più avanti la direzione Funtana Terra Ona ed eccomi sul Gennargentu arzanese, Genna 'e argentu, Porta d'argento, un susseguirsi di salite e discese, fino a quando la strada si apre a una piana dove pascolano le mucche allo stato brado, sono magrissime e si accaniscono a rosicchiare quello che resta dell’erba rasa del terreno. Accanto a loro le rotaie della ferrovia che attraversa questo territorio, non vedo l’ora che il trenino verde riprenda le corse ma per ora non ci sono notizie.

La strada sale e apre all’improvviso una visione di blu e verdi, questo è sicuramente il lago Bau Muggeris. Un pescatore sta recuperando proprio in questo momento un pesce, devono essere acque molto pescose.

Man mano che la strada risale, la vista si fa ancora più emozionante.

Ancora avanti, due ponti sul Flumendosa, una sterrata piuttosto facile, costeggio il fiume in un territorio completamente disabitato e selvaggio.

L’aria è fresca, fiori, alberi e rumore d'acqua mi accompagnano lungo la strada che ora scende, ma il tramonto già incombe, capisco cosa intendeva il primo arzanese a cui ho chiesto indicazioni, qui il sole cala prima.

Scendo a fotografare un albero che brilla in controluce, all’orizzonte svetta Perda 'e Liana, il monte che segna il confine tra Ogliastra e Barbagia.

Proseguo lungo il fiume che mostra gli ultimi riflessi del crepuscolo e poi si spegne.

So che devo riprendere la strada del ritorno, ma tornerò in questo territorio a cercare il vecchio tasso, c'ero quasi arrivata. L’ultimo regalo della giornata me lo fa proprio il fiume, accanto all’acqua un imponente e autorevole leccio, gli chiedo tacitamente scusa per il cartello che qualcuno ha inchiodato sul suo grande tronco. Lo fotografo con la poca luce che rimane, sarà alto almeno venti metri, il tronco avrà almeno quattro metri di diametro, che sia il famoso leccio, conosciuto come s'ilixi 'e Perredu?

Mentre mi allontano mi volto a guardare ancora una volta il gigante solitario pensando che vorrei rimanere lì, sotto quel tetto immenso di foglie lucide.

Ora devo ritrovare la strada del ritorno, ma qualcuno immobile in mezzo alla strada mi fissa e impedisce il passaggio, mi fermo paziente, ci guardiamo negli occhi per un po’, sembra dirmi di non andare, gli rispondo tacitamente che non vorrei.

Poi, molto lentamente senza smettere di fissarmi si sposta.


Continua..

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