Mandrolisai!
Sulla strada da Seulo ad Atzara, mi colpisce una roverella maestosa, sicuramente secolare, che troneggia in fondo a un campo. Decido di fare una deviazione per guardarla da vicino e mi inoltro in una stradina sterrata che spero mi avvicini all'albero. Non lo raggiungo e mi perdo invece in mezzo ai campi fino a una fattoria, dove chiedo informazioni a un uomo seduto davanti alla casa.

Coglie il mio sguardo sul piccolo vigneto lì accanto, "E' il vigneto di mio nonno" dice "facciamo giusto il vino per la famiglia, ma se va ad Atzara i vigneti più belli sono quelli dei Fradiles, telefoni a Paolo, sono una famiglia molto considerata nella zona.”
Ascolto il consiglio e quando gli parlo, Paolo mi invita ad assistere all’imbottigliamento che avverrà proprio il giorno dopo il mio arrivo.
I.D.R.
Atzara
L’ accoglienza dei Fradiles non potrebbe essere più cordiale, mentre si prepara il camion su cui avverrà l’imbottigliamento, Antonio, l'agronomo dei vigneti e cugino di Paolo e Roberto, il tirocinante enologo, mi accompagnano a visitare le vigne.
Camminiamo tra i filari e in una conversazione vivace ricevo molte informazioni.
Fradiles in sardo vuol dire cugini, infatti i cugini di questa famiglia hanno deciso di unire i loro vigneti sotto un unico marchio e collaborano tutti ad ogni fase importante della vita del loro vino, come l’imbottigliamento di oggi.
Un’affermazione di Antonio mi colpisce: “La differenza dei territori la fanno le persone che ci vivono, studiando e lavorando a testa bassa.”
Roberto mi spiega che il Mandrolisai Doc è composto da tre diversi vitigni: almeno il 35 % di Bovale che qui è il Muristeddu, il Cannonau e il Monica; le foglie del Muristeddu sono facilmente riconoscibili perché pelosette. E' stata una stagione molto arida quest'anno e la vendemmia si farà prima del previsto. Ci sediamo all’ombra di un grande ulivo ai margini del vigneto antico: “E’ stato innestato e produce tre tipi diversi di olive” mi dice Antonio, lo sguardo si perde tra i filari, è bello essere qui.
Torniamo alle cantine, si è radunata tutta la comunità di parenti e amici, inizia l’imbottigliamento, il lavoro procede frenetico ma nell’allegria generale.
Poco più in là, nell'orto, Giovanna sta raccogliendo dei rapanelli, sono pronti, li assaggiamo, buoni! Mi porta con sé alla vasca dove sguazzano le anatre, lì accanto una famigliola di tartarughe. Poi, il raccolto più ambito, fichi bianchi e rossi. Da un albero all’altro, la nostra raccolta è tutto un assaggio con molti "Mmmhmm..che buoni!".
I fichi raccolti dagli alberi sono irresistibili, riusciamo comunque a riempire un cesto per gli ospiti. Che meraviglia questa campagna.
A casa mi accolgono le feste dei cagnolini molto amati da questa famiglia e i sorrisi delle donne. Ci sono due tavolate già pronte ad accogliere gli invitati, in cucina incontro Angela, la mamma di Paolo e sbalordisco davanti alla tranquillità con cui prepara il pranzo per tante persone, sta dando un ultimo tocco agli antipasti, dal forno esce un profumo di carni, in bella vista una grande varietà di dolci e naturalmente, il vino Fradiles.
Il pranzo è ottimo, le lasagne si sciolgono in bocca, le carni cotte a puntino, frutta raccolta nell’orto e molto di più ancora.

La gente è simpatica e per nulla intimorita dall'enorme quantità di cibo offerto, davanti a me è seduta Federica che mi parla del suo laboratorio di tintura fatta con i pigmenti naturali di piante spontanee del territorio che raccoglie lei stessa. Si chiama La Robbia, come l'erba con cui si tinge il colore rosso, dopo pranzo andiamo a trovare Maurizio che sta lavorando alle matasse che deve consegnare. Tingere è sempre stata una delle mie passioni.
Una giornata perfetta, uno speciale grazie ai miei ospiti,
ricchi di un vino formidabile e di grande calore umano.
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Sorgono
Ad attendermi a Sorgono la deliziosa accoglienza di Paola. Scopro il borgo, centro geografico della Sardegna, osservo le nuvole in movimento dalla finestra della mia camera, ascolto le campane della chiesa accanto, passo davanti alla targa che ricorda che proprio qui, in via Azuni, ha trascorso la sua infanzia Antonio Gramsci. Di sera poi, dalla porta socchiusa della chiesa di Santa Maria Assunta, i canti del coro riempiono la piazzetta antistante.
Oggi, sulla strada da Sorgono verso Ortueri, il paesaggio è un dipinto di fattorie e vigneti. L’aria è fresca e profuma di terra bagnata, la pioggerellina del mattino ha dato un po’ di tregua a un’estate molto arida.

Mi fermo alla prima piazzola per guardare il paesaggio, ma qualcuno sembra osservarmi, sono due occhi questi?

Le giro intorno, è bellissima questa sughera centenaria, con un grande cuore.
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Tonara
Assaporando i tortelli ripieni di porcini e tartufi più buoni della mia vita, alzo lo sguardo sulla montagna davanti, proprio sulla cima c’è qualcosa che sembra un faro, mi dicono che è la vedetta dei forestali. Decido di andarci. Per vedere le nuvole più da vicino e per smaltire il fantastico torrone di Tonara.

L’ uomo a cui chiedo informazioni, mi accompagna fino al bivio per la cima del Muggianeddu, si può davvero dire che la gentilezza abita nel Mandrolisai.
Procedo fino alla fine della strada asfaltata, il panorama contornato dai cirri gonfi è incantevole.

Poi inizia una sterrata stretta a bordo precipizio, procedo su sassi e buche che fanno traballare l’auto.

Più salgo, più mi chiedo se troverò uno slargo per fare inversione di marcia quando ridiscenderò. Lo trovo quasi subito, decido di parcheggiare, inizio la salita, zaino e “gambe in spalla” come si dice e su verso i 1500 metri dove si trova la vedetta.


I muretti a secco dividono le proprietà in linee prospettiche suggestive, nell'aria un suono di campanacci, sono asinelli che si rotolano nella polvere poco più in basso. Cammino con calma, questo é il mio stato preferito, sola in mezzo al nulla.
La vedetta appare come una semplice casetta con grandi antenne e un fuoristrada parcheggiato accanto; il custode di turno, Giuseppe, mi accoglie con molte domande, una è la stessa di sempre: “Ma è da sola?”. Ridacchio mentre mi affaccio sul panorama passando in rassegna i paesi che si vedono all’orizzonte, Belvì, Aritzo, Sorgono, Tonara, Austis..
Mi si spegne il sorriso quando sopra la montagna di fronte scorgo un tubo di pioggia che scende da una nuvola nera e si sposta velocemente verso di noi. I tuoni sempre più vicini, e all’orizzonte fulmini che si susseguono. Il vento sta aumentando e la sensazione è che qualcosa stia per succedere.
Saluto velocemente la famigliola e inizio la discesa alla massima velocità, devo raggiungere l’auto prima che arrivi la bomba d’acqua che potrebbe trasformare la discesa sterrata in un ruscello, in più il terreno è molto friabile.

Raggiungo l’auto correndo sulla discesa, parto e continuo in velocità, con le immagini negli occhi dei disastri che sono avvenuti in giro per l’Italia nelle ultime settimane, la sterrata sembra non finire mai, arrivo all’asfalto dove l’acqua scorre ormai a rivoli, sta diluviando. Nei tornanti fino a Tonara il tergicristalli è al massimo, ma la visibilità nulla; con il fiato sospeso affronto i dieci chilometri di curve fino a Sorgono dove arrivo sotto una pioggia battente.
Ce l’ho fatta, ma che paura!
Ora che sono al sicuro, rido pensando che devo aver battuto tutti i record di discesa dalla Punta del Muggianeddu e che la pioggia è finita appena sono entrata in casa.
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Santu Loisu
Esco al tramonto, senza meta. Seguo una strada, svolto, salgo, scendo, mi ritrovo davanti al cimitero. Ridacchio tra me e me, non può essere questa la mia meta, non ancora. Ma confido nell'istinto, proseguo. Ora costeggio una magnifica foresta, fermo un'auto che passa per chiedere dove conduca quella strada, l'uomo mi risponde: "A Santu Loisu.." poi aggiunge perplesso "ma non c'è niente, è una piccola frazione". Riparto, sono decisa a scoprire cosa c'è a Santu Loisu.
Man mano che procedo il bosco diventa sempre più fitto, mi fermo a contemplarlo.

Alberi, piante e cespugli si affiancano, si sormontano, sembrano stringersi in un grande abbraccio impenetrabile. Mi inoltro tra gli alberi, aggirando i cespugli spinosi.

Sto camminando su una stratificazione di radici, immagino quel mondo di infinite vie biologiche, dove gli alberi sono connessi anche sottoterra, comunicano tra di loro e si comportano come un unico organismo vivente.

E' l'intelligenza della Natura che sto osservando e tocca la mia anima fino alla commozione.
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Nuraghe Lò
Proseguo sulla strada che costeggia la foresta fino a un cartello di legno che indica un sentiero verso il nuraghe Lo'. Mi inerpico sulla salita, sempre più su, ma non c'è traccia del nuraghe. Ritorno sui miei passi e prendo il sentiero più stretto, non ci sono indicazioni. In mezzo al verde risplende un albero completamente ricoperto di muschio, mi avvicino per sentire la morbidezza di quel vestito naturale.

Poi alzo gli occhi ed eccolo lì, su un'altura tra rocce e piante, il piccolo nuraghe con un ciuffo verde in cima.

E' stato costruito su uno sperone di roccia ed è bello scoprirlo così in mezzo alla foresta. Immagino uomini e donne muoversi coperti di pelli, nella natura intorno, spostando, chissà come, questi blocchi di granito appena sbozzato.
Dentro non c'è scala e sulla parete opposta all'entrata c'è una grande finestra architravata. Una delle ipotesi degli archeologi è che questa apertura doveva servire a far passare la luce e l'aria, presupponendo che in alcuni nuraghi l'ingresso era.
E' proprio il mistero che circonda i nuraghi a creare l'attrazione e la suggestione che ti coinvolge quando ci sei davanti.
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Domus de Janas
Le scoperte della giornata mi hanno galvanizzato, è quasi il tramonto ma proseguo fino a un bivio, seguo una freccia di legno che indica delle Domus de Janas. Abbandono l'auto, attraverso una radura di grandi alberi ed entro in un bosco macchiettato di sprazzi di luci e di profumo di muschio..

Non c'è un sentiero definito, malgrado la bellezza del luogo non trovo le Domus, incontro invece delle possenti sughere. Mi emozionano sempre questi alberi forti e resistenti al fuoco, alberi della memoria. Quando sono denudate come queste, per estrarre il sughero, il tronco ha l'aspetto di un corpo liscio dove anche le ferite sembrano lenite dal nutrimento della scorza.



Torno sui miei passi, in lontananza una casetta con degli uomini che chiacchierano, li raggiungo, ottengo le informazioni ed eccole, minuscole, ineguagliabili, appaiono come un piccolo tesoro nel sottobosco.


Mi siedo con la schiena appoggiata all'albero che sembra vegliare su di loro e immagino che i bambini vengano a giocare lì, solo loro possono entrare in queste Domus de Janas, le più piccole che abbia mai visto.
Al ritorno, quando ripasso dalla casetta, il ragazzo che mi aveva indicato le Janas, Roberto, mi offre un bicchiere di vino. Da un enorme pentolone arriva un profumo irresistibile, chiedo se è un ristorante, mi spiegano che è la preparazione di una festa privata che ci sarà il giorno dopo. Cominciano ad arrivare amici, mi presentano tutti, alla fine la moglie di Basilio, il festeggiato, mi invita alla festa. Non mi stancherò mai di ripetere che l'ospitalità è di casa in Mandrolisai.
Tornando a Sorgono, la luce dorata del tramonto vibra dietro le cime della foresta, penso che quelle poche ore sono state piene di emozioni. Mi ripeto ancora una volta che la mente non ha nulla a che fare sulla strada della scoperta, è l'istinto piuttosto o quello che chiamo "essere in sincronia con la natura" che porta dove devi andare, per scoprire, incontrare, ricevere o dare messaggi.
Continua..
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