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Greece CRETE > Agia Paraskevi

Cercando la sorgente di Agia Paraskevi, scopro una vasta taverna all’aperto sotto alberi secolari, mi colpisce la minuscola chiesa di Santa Paraskevi che troneggia al centro dello spazio e mi commuovo di fronte all’enorme platano centenario, che ha l'aria di essere il protettore del luogo. Il proprietario della taverna mi dice che ha più di 200 anni e mi indica un uomo poco lontano:

> Vedi, quell’uomo ha 80 anni e dice che suo padre raccontava che il platano, quando lui era bambino, era già enorme < Bevo l’acqua della fonte che è effettivamente molto buona, chiedo il permesso di fotografare la santa che dà il nome al luogo e mi accingo a salire lungo la scalinata che porta alla sorgente in mezzo agli ulivi. Si avvicina il cuoco che ho conosciuto prima in cucina, Jannis, parla molto bene italiano e mi racconta che dopo aver girato il mondo come chef ha deciso di vivere qui. > Non c’è stress e il clima è fantastico < > Hai ragione < gli rispondo. > Anch’io vorrei venire a vivere qui <

Si siede poco lontano a fumare una sigaretta e di tanto in tanto mi sorride.

Il conto è molto ragionevole, carne al forno con patate, pane, frutta e birra: 10 euro. Yorgos, l'altro proprietario, si offre di accompagnarmi a vedere il punto in cui la sorgente esce dalle profondità della terra. Sale in fretta, con l’agilità di una capra, mentre io fatico a stargli dietro. Da lassù scopro l’altra faccia del platano: un gigante guerriero con due enormi braccia minacciose rivolte verso il cielo. Mentre me ne vado arriva Jannis, mi chiede con occhi dolci:

> Tornerai? < rispondo sorridendo > Certo! <

Il sole è già dietro le montagne mentre lentamente ridiscendo i tornanti, gustando ogni albero, foglia, stelo, muro. Sono di nuovo felice.

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Qualche giorno dopo, decido di attraversare le montagne per raggiungere Agios Nikolao, la mia prossima tappa. Per questo ripasso da Agia Paraskevi, ritrovo Jannis e i suoi occhi ardenti, ma quando apro la mappa e gli chiedo informazioni sul tragitto da fare, mi guarda con uno sguardo interrogativo e un po’ deluso. Ha ragione, ci eravamo fatti una tacita promessa e io invece sto scappando lontano.

Villaggi minuscoli mi scorrono davanti mentre attraverso le montagne verso Agios Nikolaos.

Alcuni come Thripti hanno una piazzetta di pochi metri quadrati con microscopiche aiuole fiorite e la fontana al centro. Il ritmo è ovunque lento, l’aria, sempre più fresca man mano che risalgo il monte Orino. La gente siede sotto i pergolati, è gentile e anche se non sa l’inglese cerca sempre di spiegarti la strada. Nell’ennesimo dubbio sul percorso, rallento e con il braccio fuori dal finestrino, faccio segno ad un pickup che arriva dal lato opposto, di fermarsi. Il fuoristrada si affianca al mio finestrino, lancio la domanda in inglese, ma la portiera si apre e scende una donna che non capisce l’inglese. Ci guardiamo, entrambe incuriosite, io, che non mi aspetto di trovare a Creta una donna sola alla guida del suo pickup e lei, che probabilmente pensa la stessa cosa di me. Ma è soprattutto nell’aura di libertà che avvolge entrambe che ci riconosciamo. Per un po’ ci guardiamo in silenzio, sorridendo, poi mi dà delle istruzioni in greco e mai nessuna spiegazione è stata così chiara. Aggiunge qualcos’altro che interpreto come l’augurio di buon viaggio. Lo dice mettendo la mano sul cuore. Anch’io qualche volta faccio questo gesto. Riparto in fretta ma me ne pento subito, vorrei sapere tutto di quella sconosciuta in cui mi sono vista come in uno specchio, ma forse dovevo incontrarla solo per sapere che non sono unica su quest’isola.

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